Il rendiconto
deve enumerare
la quantità delle somme percepite dall'amministratore (voci di
entrata,
cioè le quote dei singoli condomini), la causale e la quantità
delle spese fatte, accompagnate dai corrispondenti documenti
giustificativi,
in modo da rendere intellegibile all'assemblea l'andamento della
gestione. Ne
deriva che se il rendiconto presentato in assemblea non corrisponde
allo scopo,
l'approvazione assembleare si forma in maniera viziata, con la
conseguente possibilità
di azione giudiziaria ex art. 1137 c.c., se il termine non è spirato,
ovvero, nella sede penale, di punire la truffa quando alla violazione
dell'obbligo
sia derivata la disposizione patrimoniale da parte del deceptus e
l'ingiusto
profitto per la gente. Una volta sopravvenuta l'approvazione del
rendiconto
e spirato il termine per l'impugnativa, il risultato economico è
raggiunto:
quel denaro che l'imputato non aveva speso può ora farlo sparire dai
conti impunemente, come se non ci fosse mai stato, perchè l'apparenza,
creata dal rendiconto fasullo, si è tramutata in realtà
immodificabile.
L'amministratore è il mandatario, gestore dei fondi a lui consegnati
dai condòmini per destinarli obbligatoriamente e secondo diligenza al
pagamento delle spese sostenute per i servizi comuni. Ne discende che
quel denaro
di cui ha il possesso per una finalizzazione unica non è di sua
proprietà
e quindi non può destinarlo ad altri scopi con danno degli
amministrati.
La violazione del dovere giuridico realizza altresì l'aggravante di
cui
all'art. 61 n. 11 c.p. conseguente all'abuso del rapporto giuridico
professionale
ed al tradimento della fiducia riposta nell'amministratore dai
condomini. |