Tanto
il valore economico di un edificio, quanto il peso urbanistico che il
fabbricato induce sul territorio (in termini di necessità di
spazi per servizi pubblici o di uso pubblico, quali parcheggi, aree a
verde, scuole, cosiddetto standard urbanistico) derivano chiaramente
dalle destinazioni d'uso legittimamente in atto ed acquisibili. Non
può allora sfuggire il rilevante significato che il mutamento
della destinazione d'uso assume sia rispetto alle aspettative ed alle
valutazioni dei privati, sia in ordine alla concreta articolazione
dell'azione amministrativa volta al più incisivo e razionale
governo del territorio. Tali considerazioni risultano oggi
sensibilmente amplificate dall'attenzione che gli operatori del
settore immobiliare riservano al riuso del patrimonio edilizio
esistente ed al correlato risparmio del territorio non ancora
interessato dal processo di conurbazione. La definizione del quadro
di legittimità entro cui il mutamento di destinazione si
colloca e gli sviluppi della normativa regionale ormai prossimi,
specie in Lombardia, sono dunque di primario interesse.
NORMATIVA
STATALE DI RIFERIMENTO
Ai
sensi della legge n. 10 del 1977, ogni attività comportante la
trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio è
soggetta a concessione edilizia, il cui rilascio è subordinato
alla verifica di conformità rispetto alle previsioni di legge
e dei regolamenti locali (Piano regolatore generale e Regolamento
edilizio) ed al pagamento, salvo eccezioni, del correlato contributo
(art. 3, legge n. 10/77). Al regime concessorio sono assoggettati, in
buona sostanza, gli interventi più rilevanti: vale a dire
quelli di nuova edificazione e di ristrutturazione edilizia ed
urbanistica (secondo le più recenti leggi della Toscana e
della Lombardia, essi possono essere assoggettati anche a Denuncia di
Inizio Attività, cosiddetta SUPER D.I.A., previo il pagamento
del correlato contributo nella misura liquidata direttamente
dall'interessato). D'altro lato, a parte le opere di ordinaria
manutenzione, che possono essere liberamente realizzate, gli
interventi cosiddetti minori (aventi di norma carattere manutentivo,
cfr. art. 31, legge n. 457/7 8 ed articolo 4, legge n. 493/93) sono
soggetti ad autorizzazione edilizia gratuita, ovvero a Denuncia di
Inizio Attività (secondo cui, trascorsi venti giorni dalla
denuncia dei lavori asseverati come conformi, le opere possono essere
avviate). Il quadro così delineato è completato dalle
previsioni dell'art. 25 della legge n. 47/85 che, nel testo
attualmente vigente (come introdotto dall'art. 2, comma 60, della
legge n. 662/96, collegato alla Finanziaria '97), recita: "Le
leggi regionali stabiliscono quali mutamenti connessi o non connessi
a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti,
subordinare a concessione, e quali mutamenti, connessi o non connessi
a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti siano
subordinati ad autorizzazione".
IL
MUTAMENTO DI DESTINAZIONE D'USO IN DIFETTO DI LEGISLAZIONE REGIONALE
ATTUATIVA
In
attesa della normativa regionale di attuazione della trascritta
disposizione di legge, la disciplina del mutamento di destinazione
d'uso si è oggi ormai consolidata, secondo le seguenti
direttive tracciate dalla giurisprudenza.
Il
mutamento di destinazione d'uso strutturale
Ogni
mutamento di destinazione d'uso del patrimonio edilizio esistente,
che sia conseguito attraverso la realizzazione di opere (cosiddetto
mutamento strutturale), è soggetto al regime che governa le
opere medesime. Conseguentemente, e sul presupposto della piena
conformità delle opere da compiersi e della destinazione
insedianda, il mutamento di destinazione da residenza a studio
professionale sarà soggetto a concessione edilizia (ovvero, in
Lombardia ed in Toscana, a SUPER D.I.A.) ove sia conseguito
attraverso interventi edilizi riconducibili alla definizione di
ristrutturazione edilizia (1),
sarà invece subordinato ad autorizzazione edilizia, ovvero a
D.I.A., qualora l'approntamento dello studio richieda, per esempio,
semplici opere di risanamento conservativo dell'unità
immobiliare (2). Da tanto consegue che l'introduzione, con opere, di funzioni non
consentite dal PRG, sia ostacolata attraverso l'irrogazione delle
sanzioni previste per l'indebita realizzazione delle opere stesse
(ordinanza di riduzione in pristino e sanzioni penali per il difetto
o la difformità dalla concessione; sanzione meramente
pecuniaria per il difetto o la difformità dall'autorizzazione
edilizia o dalla D.I.A.). È infine doveroso ricordare
l'insegnamento della Corte costituzionale (decisione n. 73 del 1991)
che, per mutamento di destinazione strutturale, ha inteso quello
accompagnato dalla realizzazione di opere connesse con modifiche
strutturali dell'immobile", ossia con "variazioni
essenziali "del progetto" e "comportanti variazione
degli standards previsti dal D.M. 2 aprile 1968".
Il
mutamento di destinazione d'uso funzionale
Rispetto
al mutamento d'uso senza opere edilizie allo stesso preordinate
(cosiddetto mutamento funzionale), l'approdo del travagliato iter
giurisprudenziale può riassumersi nella sostanziale
libertà
di introdurre qualsivoglia utilizzo dei fabbricati esistenti, anche
qualora la nuova insedianda funzione risulti difforme (non
consentita) dalle previsioni del piano regolatore. "In linea di
principio e fatte salve le eventuali normative regionali, il
mutamento di destinazione d'uso assume rilevanza, sotto il profilo
urbanistico ed edilizio, solo se collegato all'esecuzione di opere
tese a rendere l'immobile strutturalmente idoneo a un uso differente
dal precedente. Diversamente il mutamento d'uso cosiddetto funzionale
deve ritenersi libero, non soggetto ad alcun provvedimento
concessorio o autorizzatorio"(3).
In altre parole, sempreché l'intervento non abbisogni la
realizzazione di opere edilizie (nel senso individuato dalla Corte
costituzionale), un fabbricato esistente può essere destinato
a qualsiasi funzione, in via di fatto, senza richiedere il permesso
dell'amministrazione comunale. In tale senso, la diffusa esperienza
dei Comuni lombardi (Milano in testa) ha introdotto la comunicazione
a posteriori allo stesso Comune dell'intervenuto mutamento funzionale
della destinazione, corredata dalla prova dell'avvenuto conforme
riaccatastamento dell'unità immobiliare interessata dal cambio
d'uso. Alla luce di quanto premesso, l'unica possibilità che
l'assenza della normativa regionale lascia all'amministrazione di
ostacolare l'introduzione (attraverso mutamenti senza opere) di
funzione non consentite dal PRG, consiste nell'assunzione delle
sanzioni - di carattere anche inibitorio - che conseguono al
verificato difetto dei requisiti igienico sanitari imposti per
l'esercizio di talune attività (si pensi all'esercizio di una
pasticceria in locali che, in quanto realizzati secondo una difforme
destinazione, risultino sprovvisti dei requisiti minimi di
salubrità).
Costituzione
di nuova volumetria
Secondo
una recente tesi giurisprudenziale, il normale mutamento di
destinazione d'uso sin qui considerato, che avviene tra diverse
funzioni comunque concorrenti alla costituzione della volumetria
urbanistica dell'immobile (rispetto alla quale è stata
verificata e soddisfatta la dotazione di aree per servizi pubblici),
non deve confondersi con le operazioni che - al di là del loro
sviluppo con o senza opere - conducono a dare autonomo peso
urbanistico a locali (normalmente non deputati alla presenza di
persone) che, secondo l'originario titolo abilitativo alla
costruzione, non incidevano nella determinazione del peso urbanistico
del fabbricato. Al riguardo, è stato sentenziato che tali
operazioni (in sostanza assimilabili a veri e propri ampliamenti,
ancorché realizzati senza opere) necessitano del preventivo
rilascio di concessione edilizia onerosa. "Nel caso in cui una
norma di piano regolatore diversifichi la volumetria dei manufatti
edilizi (cioè il computo dei volumi ai fini urbanistici e non
il volume come dato di fatto) a seconda della destinazione d'uso, il
mutamento di quest'ultima, anche se attuato senza lavori edilizi,
è
soggetto a concessione edilizia"(4).
Pertanto secondo la decisione trascritta, in difetto di concessione,
l'utilizzo indebito deve considerarsi abusivo ad ogni effetto e
passibile di sanzione anche sotto specie di ordinanza di riconduzione
dell'immobile all'originaria funzione non costituente volumetria
urbanistica.
Onerosità
del mutamento di destinazione d'uso funzionale
Sempre
ai sensi della recente giurisprudenza, sebbene il mutamento di
destinazione d'uso senza opere non possa essere oggetto di
concessione edilizia ovvero di autorizzazione (in difetto delle leggi
regionali attuative dell'art. 25 citato), lo stesso deve essere
comunque assoggettato al pagamento del contributo concessorio, nella
misura pari alla differenza tra l'onere sopportato in sede di
rilascio dell'originaria concessione edilizia e quello maggiore
correlato alla destinazione introdotta. "La modifica della
destinazione d'uso dell'immobile oggetto di costruzione comporta
l'onere del pagamento del contributo di urbanizzazione,
indipendentemente dalla realizzazione di nuove opere edilizie"(5).
Non risultano, invero, precedenti afferenti al caso in cui la nuova
destinazione costi meno di quella originaria e, quindi, che
considerino il diritto del concessionario di vedersi restituito
l'onere pagato in esubero.
LA
NUOVA LEGGE DELLA REGIONE LOMBARDIA
Nell'ambito
della revisione della propria legislazione urbanistica, la Regione
Lombardia, con la deliberazione consiliare n. 193 del 16 febbraio
2000, ha finalmente adempiuto al prescritto dell'art. 25 della legge
n. 47/85, disciplinando compiutamente il mutamento di destinazione
d'uso. Come è noto, la proposta di legge regionale è
stata bloccata dal Governo, che l'ha rimessa al Consiglio regionale.
La conferma nelle recenti elezioni della coalizione politica alla
guida della Regione ed il rilievo che la legge, per la parte che qui
interessa, non sia interessata dai rilievi governativi, conducono
tuttavia a ritenere che il testo in appresso considerato
assumerà
a breve piena vigenza.
Mutamenti
d'uso e strumentazione urbanistica
Il
testo di legge affronta il tema a partire dal momento pianificatorio,
correttamente demandando ai Comuni, in sede di revisione del PRG,
l'individuazione per singole zone omogenee delle destinazioni
incompatibili. Recita infatti il comma 2 dell'art. 1: "I Comuni
indicano, attraverso lo strumento urbanistico generale, le
destinazioni d'uso non ammissibili rispetto a quelle principali di
singole zone omogenee od immobili. In tutti gli altri casi il
mutamento di destinazione d'uso è ammesso". Sempre a
livello di piano regolatore, i Comuni saranno altresì tenuti
ad indicare in quali casi le trasformazioni con opere di aree e di
edifici ammissibili attuati con opere edilizie comportino un aumento,
ovvero una variazione del fabbisogno di standard. Per quanto riguarda
i mutamenti di destinazioni d'uso ammissibili non comportanti la
realizzazione di opere edilizie, le suddette indicazioni possono
concernere esclusivamente i casi in cui le aree o gli edifici vengano
adibiti a sede di esercizi commerciali non di vicinato (aventi
superficie espositiva superiore a 150, ovvero a 250 mq., nei Comuni,
rispettivamente, con popolazione inferiore e superiore a 10.000
abitanti).
Mutamento
strutturale e funzionale
In
tale quadro, la disciplina del mutamento di destinazione d'uso è
articolata a seconda che lo stesso si accompagni o meno alla
realizzazione di opere edilizie. I mutamenti strutturali,
conformemente alla conclusione già raggiunta dalla
giurisprudenza, sono soggetti alla medesima concessione,
autorizzazione o denuncia d'inizio attività richiesta per la
particolare categoria di intervento, cui siano riconducibili le opere
da realizzarsi. D'altro lato, rispetto ai mutamenti funzionali, la
legge regionale imporrà esclusivamente la "preventiva
comunicazione dell'interessato al Comune, ad esclusione di quelli
riguardanti unità immobiliari o parti di esse, la cui
superficie lorda di pavimento non sia superiore a mq. 150, per i
quali la comunicazione non è richiesta".
Adeguamento
degli standards urbanistici
Per
il mutamento di destinazione con opere, così come per quello
meramente funzionale ove indirizzato all'insediamento di spazi
commerciali non di vicinato, l'interessato dovrà comunque
assicurare al Comune la dovuta integrazione degli standards
urbanistici (eventualmente anche mediante monetizzazione, ove sia
dimostrata l'impossibilità di provvedere al concreto
reperimento degli spazi richiesti), attraverso la stipula di una
convenzione, ovvero il deposito di un atto unilaterale d'obbligo, che
recepiranno quanto previsto dal PR.G., per ciascuna zona omogenea, in
termini di necessario adeguamento degli spazi pubblici a seguito di
modifica delle destinazioni d'uso in atto.
Sanzioni
Quanto
sin qui esposto vale per i mutamenti di destinazione comunque
conformi alle previsioni di PRG, nei casi di difformità,
invece, le conseguenze variano a seconda che la variazione sia
strutturale ("nel qual caso si ha l'applicazione delle sanzioni
amministrative previste dalla vigente legislazione per la
realizzazione di opere in assenza o in difformità dalla
concessione o dall'autorizzazione edilizia, ovvero in assenza o in
difformità dalla denuncia di inizio attività")
ovvero funzionale. In quest'ultima ipotesi, "si applica la
sanzione amministrativa pecuniaria pari all'aumento del valore venale
dell'immobile o sua parte, oggetto di mutamento di destinazione
d'uso, accertato in sede tecnica e comunque non inferiore a lire due
milioni". Con tale ultima previsione si chiuderà, in
Lombardia, il vuoto normativo che attualmente impedisce alle
amministrazioni comunali di perseguire i cambi d'uso realizzati senza
l'approntamento di opere edilizie. Sebbene alla indicata sanzione
necessariamente si accompagni l'adeguamento del contributo
concessorio originariamente versato, oltre all'integrazione degli
standards urbanistici (sempreché la nuova funzione sia quella
commerciale non di vicinato), è debito ritenere che la pena
sia comunque limitata e certo non sempre idonea a precludere
l'insediamento di quelle funzioni, che pure, in una data zona e per
le più valide ragioni, il PRG dovesse espressamente dichiarare
inammissibili.
Note:
(1) Art.
31, lettera
d, legge n. 457/78, 'interventi rivolti a trasformare gli organismi
edilizi
mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un
organismo
edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente". (2) Art. 31, lettera c, legge n. 457/78,
"interventi
rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la
funzionalità
mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli
elementi tipologici,
formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano
destinazioni d'uso
con essi compatibili". (3) Consiglio di Stato, sez. V, dec. n.
159 del
10 marzo1999. (4) Consiglio di Stato, sez. V, dec. n.
77 del
28 gennaio 1997. (5) Consiglio di Stato, sez. V, dec. n.
529 del
23 maggio 1997. |