La
massima: "Posto che la possibilità di convenire la
cessione volontaria, e dunque di allacciare trattative contrattuali
paritarie con l’espropriante, principalmente sul prezzo di
cessione, induce tendenzialmente ad una applicazione rigorosa del
sistema di determinazione dell'indennità in base al comma 1
dell'art. 5-bis, nel senso che il premio della mancata decurtazione
del 40% di cui al comma 2, dipende dalla sola condizione
dell'avvenuta cessione volontaria del bene assoggettato a procedura
espropriativa, è rimessa al prudente apprezzamento del
giudice di merito la valutazione della vicenda amministrativa di
determinazione indennitaria e la scelta, sindacabile in sede di
legittimità nei limiti di logicità e congruità
della motivazione, di non operare l'abbattimento del 40%, per
essere dipesa la mancata accettazione dell’indennità ai
fini della cessione del bene, da un’offerta amministrativa
provvisoria, da parte dell’espropriante che si riveli
palesemente simbolica, strumentale, mirata ad ottenere
l'abbattimento e senza che tale valutazione possa riferirsi
all'offerta definitiva che, attenendo ad un momento generalmente
successivo al decreto di esproprio, si pone al di fuori del sistema
che mira all'eventuale cessione volontaria (fattispecie di mancata
decurtazione per offerta provvisoria inferiore ad 113 del valore
accertato giudizialmente)" (cfr.).
Per
scrupolo, si rammenta il criterio per la determinazione
dell'indennità di esproprio, stabilito dall'art. 5-bis, 1
comma del D.L. 333/92, consistente nella media tra il valore
venale e quello fiscale del reddito dominicale rivalutato, con
l'applicazione della riduzione del 40% dell'importo risultante.
Conseguentemente, l'indennità di esproprio per le aree
edificabili, in via generale, risulta pari al 60% della media dei due
valori. Il comma 2, del citato art. 5-bis stabilisce, invece,
che, in caso di cessione volontaria del bene, alla somma risultante
dalla media dei valori prima descritti non andrà decurtato il
40%.
Ovviamente,
la ratio della norma è quella di deflazionare il contenzioso,
incentivando la via transattiva. L'elemento innovativo introdotto
dalla sentenza sopra richiamata consiste nel fatto che l'offerta
dell'amministrazione espropriante, ritenuta incongrua dal
proprietario che abbia optato per la tutela giudiziaria e che in
giudizio si dimostri palesemente irrisoria, può dar luogo
alla liquidazione dell'indennità di esproprio determinata dal
giudice senza la decurtazione del 40%!
Si
precisa che tale eventuale decisione è rimessa al "prudente
apprezzamento" del Giudice di merito (il cui ruolo risulta
notevolmente valorizzato), insindacabile in Cassazione, se non per
illogicità o incongruità della motivazione.
La
Cassazione non si è lasciata quindi sfuggire l'occasione,
(come osservato da Maria Rosaria San Giorgio nell'articolo pubblicato
sulla rivista "Diritto e Giustizia", n. 14,
14.4.2001, pag. 58), di offrire un'interpretazione che ponesse in
qualche modo fine alle anomalie della prassi e del malfunzionamento
di alcuni organi amministrativi.
Per completezza,
è a questo punto doveroso precisare che, dopo la sentenza 500/99 delle
Sezioni Unite in tema di risarcimento del danno da lesioni di
posizioni soggettive
diverse dal diritto soggettivo - e tuttavia considerate meritevoli di
tutela
dall'ordinamento -, il problema della non congruità della offerta, con
conseguente perdita, da parte del privato che non l'abbia accettata,
del beneficio
della esclusione dell'abbattimento del 40%, possa essere risolto
altresì
attraverso l'art. 2043 cod. civ. sul risarcimento per fatto illecito. |